De canabis protectio: dalla proposta di legge in Germania a Io Coltivo

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di Giulia Gambino

Il 16 agosto 2023, il Gabinetto tedesco ha approvato la nuova proposta di legge sull’”uso controllato della cannabis” presentata dal ministro tedesco della Salute, Karl Lauterbach della Spd. Il progetto prevede che la Germania legalizzi, entro alcuni limiti, il consumo ricreativo della cannabis. A ogni adulto sarà permesso di consumare cannabis per un limite di 50 grammi al mese (fino ai 30 grammi con principio attivo di THC non superiore al 10% per i giovani compresi tra i 18 e i 21 anni) e la coltivazione di un massimo di tre piante. L’acquisto è limitato a coloro che fanno parte di un “cannabis social club”, un’organizzazione non profit all’interno della quale non è permesso il consumo di cannabis e le cui iscrizioni sono contingentate e sottoposte a specifici parametri. L’intento è quello di colpire il narcotraffico e tutelare i cinque milioni di consumatori tedeschi dichiarati sia sul piano penale che su quello della salute e della prevenzione: certificando il prodotto, i consumatori hanno accesso alla sua provenienza e conoscono i principi attivi che contiene. Se poi vogliamo porla sul piano del risparmio, si stima una diminuzione dei costi annuali per la Germania pari a un miliardo di euro. Manca solo il voto del Bundestag, che doveva avvenire a fine anno, ma che è stato rinviato ulteriormente al 2024 a causa dell'insorgere di perplessità da parte di alcuni membri della stessa SPD e della necessità dei legislatori di rivedere il disegno di legge, suscitando diverse critiche da coloro che paventano uno stallo tanto prolungato da rendere illusoria la sua approvazione.

Con questo progetto, il paese più popoloso dell’Unione Europea decide di sferrare una mano de Dios verso la rete del proibizionismo internazionale, il cui timore non è solo quello di un ipotetico ampliamento della platea di consumatori, la paura di attentare alla sicurezza dei più giovani o l’angosciante superstizione che addita la cannabis come “droga di passaggio”: a queste tematiche si aggiunge lo spettro di un’inversione di tendenza nelle politiche proibizioniste europee e internazionali. Si tratta di un timore che ormai gode di fondamenta piuttosto stabili. La cosiddetta “Onda Verde” avanza a livello globale: nel 2021, Malta e il Lussemburgo sono stati i primi paesi in Europa a legalizzare il consumo di cannabis a scopo ricreativo e la sua produzione domestica, dopo che persino l’ONU ha riconosciuto le proprietà terapeutiche della cannabis e il dibattito si è riacceso a livello internazionale. Ma il proibizionismo nei confronti della cannabis è una diga che blocca il flusso del progresso sociale dal 1937, quando, nonostante le già ferree opposizioni dell’Associazione medica americana, negli Stati Uniti fu approvato il Marihuana Tax Act, una legge federale che impose una tassa sulla vendita e sul possesso di cannabis, provocando, a livello globale, un’avversione a cascata nei confronti della sua intera coltivazione, persino per usi e applicazioni ben distinte dal suo consumo a scopo medico o ricreativo. Per altro si trattò di una legge nata per tutelare altre industrie come quella del cotone, della carta e quella farmaceutica, che vedevano in quella della canapa un pericoloso avversario. Fino a questa data, l’Italia era tra i vertici della produzione mondiale della canapa. Ad oggi, 23 stati negli stessi USA legalizzano la cannabis sia a uso medico che a quello ricreativo. Nel 1961 viene adottata la Convenzione unica sugli stupefacenti, tra i cui obiettivi emergeva l’eliminazione della canapa entro 25 anni. Con la legge Cossiga la canapa sparì quasi del tutto dal territorio nazionale, facendo perdere il suo primato produttivo all’Italia.

Ormai sono passati 87 anni dalla legge federale americana e il fallimento del proibizionismo in Italia è reso noto da agghiaccianti stime − dai 18 ai 20 miliardi di euro di mancate entrate per lo Stato – tra cui il rapporto del Libro bianco sulle droghe, che dopo più di trent’anni di applicazione del Testo Unico sulle droghe Jervolino-Vassalli mette in luce i suoi devastanti effetti sul sovraffollamento delle carceri. Secondo il sondaggio condotto nel 2021 dall’istituto di ricerca SWG, il 58% degli italiani era a favore della legalizzazione della cannabis, una percentuale composta principalmente da fasce d’età comprese tra i 18 e i 44 anni che da sole, quindi senza considerare le fasce più anziane, si attesterebbero al 66%. Si tratta di un pensiero ormai supportato da evidenze scientifiche. La cannabis è stata ritenuta meno nociva di altre sostanze legali in Italia, prime tra tutte l’alcol e la nicotina. Basti pensare al fatto che non è possibile fumare cannabis a quantità necessarie per ottenere effetti potenzialmente pericolosi per il nostro organismo. Eppure, durante il cenone di Natale, è di buon uso dichiarare guerra alle droghe leggere senza avvalersi di chiare evidenze scientifiche, per poi riporre in tavola butirrosi alimenti che espongono a malattie cardiovascolari.

Tornando al dibattito in Italia, se sono state le politiche di un altro paese a dare il via alla crociata alla cannabis, le mosse di un paese influente come la Germania potrebbero scardinare i preconcetti sulla legalizzazione e dare uno schiaffo al proibizionismo italiano. C’è da considerare che il clima parlamentare conservatore non proietta alcuna buona premessa. Ad agosto 2023 è stata pubblicata in gazzetta ufficiale la revoca della sospensione di un decreto emanato nel 2020 che inseriva il cannabidiolo (Cbd) tra le sostanze stupefacenti. Firmando tale decreto, Schillaci inserisce i prodotti contenenti Cbd tra i medicinali soggetti a prescrizione medica non ripetibile.

“Le circolari Piantedosi quanti criminali hanno fermato? Quale duro colpo hanno inferto alle mafie con questo grande dispiegamento di forze? Ci piacerebbe molto saperlo. [...] La verità è che il gioco è fin troppo facile a criminalizzare gli unici che sulla canapa hanno pagato le tasse. Dove va a finire la retorica della difesa del Made in Italy quando si parla di una pianta priva di effetti stupefacenti ma piena zeppa di pregiudizi? In ballo ci sono 12 mila posti di lavoro. Questi non sono lavoratori di serie B. Sono imprenditori, vittime di questa finta guerra alla droga". Queste le parole di Antonella Soldo, coordinatrice dell’Associazione Meglio Legale, in riferimento agli effetti della firma di Piantedosi di una circolare inviata a tutti i prefetti d’Italia nel febbraio del 2022 che li invitava a svolgere dei controlli che portarono a blitz, chiusure, sequestri e qualche arresto. Dobbiamo chiederci se sia giusto che i commercianti e gli agricoltori di canapa industriale, che rappresenta una potenziale risorsa per il nostro paese, siano trattati come narcos. E non c’è da stupirsi del fatto che oltre 200 imprenditori si siano rivolti a Meglio Legale, che si inserisce nuovamente nel dibattito sulla legalizzazione della cannabis con una nuova campagna insieme a Associazione Luca Coscioni e altre 30 realtà.

Io Coltivo è una proposta di legge di iniziativa popolare che si propone di consentire la coltivazione domestica e per uso personale di un limite di 4 piante di cannabis e che prevede la creazione delle Associazioni di Coltivatori, che anche qui vengono definite “Cannabis Social Club”, con lo scopo di coltivare e distribuire cannabis ai suoi membri. Questa proposta, consequenzialmente, decriminalizza il suo uso personale, consentendone il trasporto fino a 30 grammi e l’abolizione delle sanzioni amministrative attualmente previste. Chiaramente, la proposta contempla i rischi della guida in stato di alterazione, che rimane punibile.

In meno di 24 ore sono state raccolte 10.000 firme sulle 50.000 necessarie per avviare la discussione in Parlamento. In base agli ultimi aggiornamenti, risalenti al 3 gennaio 2024, le firme raccolte sono già 30 mila. Il leader di +Europa, Riccardo Magi, lasciando intendere che la proposta si muove sotto la falsa riga della proposta tedesca, sottolinea: “Proprio in questo momento, con un governo proibizionista che più non si può, è necessario non mollare, è necessario continuare a conquistare spazi di dibattito su questo tema, un enorme tema sociale sul quale nel mondo si sta andando in un’altra direzione. Negli Stati Uniti, in Canada e ora in Germania.”

In ogni caso, se con il centrosinistra al governo non sono stati registrati passi in avanti, le possibilità che ciò avvenga con la destra al potere si riducono in maniera drastica. Ciò non toglie che portare il dialogo in Parlamento aggiunge un mattone alla costruzione di un immaginario collettivo che possa cambiare la rotta delle politiche sulla cannabis, poiché di fronte al progredire dei paesi all’avanguardia in fatto di libertà personali, il proibizionismo in Italia continua a ingrassare la mano nera e le carceri alle spalle di uno Stato immobile. D’altronde anche il narcotrafficante ama le feste e il cenone di Natale.