Elezioni in Sardegna: nuova speranza per la sinistra?

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di Alessandra Pisoni

Nella notte tra lunedì 26 e martedì 27 febbraio, dopo uno spoglio durato una giornata intera e che ha visto un testa a testa tra i due candidati delle maggiori coalizioni, è arrivato il nome del nuovo presidente della regione Sardegna: Alessandra Todde. Nata a Nuoro, nel 1969, da anni è nella scena politica nazionale come vicepresidente del Movimento Cinque Stelle e deputata. Carica, quest’ultima, che colleziona dopo essere stata sottosegretaria al Ministero dello Sviluppo Economico del governo Conte II e viceministra allo stesso Ministero del governo Draghi. Con il 45,5% delle preferenze ha battuto, anche se di poco, l’avversario Paolo Truzzu, candidato della coalizione di centrodestra e attuale sindaco di Cagliari, che si è fermato al 45%. Con la vittoria di Todde per la prima volta da anni la sinistra strappa il governo di una Regione alla destra, l’ultima volta era accaduto in Campania con De Luca nel 2015, come ha ricordato Elly Schlein. Oltre Todde e Truzzu correvano per la presidenza anche altri due candidati, Renato Soru, ex presidente di Regione, sostenuto da Azione, Italia Viva, +Europa e Rifondazione Comunista e Lucia Chessa, indipendente di sinistra sostenuta dalla lista “Sardigna R-esiste”. Nessuno dei due ha però raggiunto la soglia di sbarramento del 10% e quindi non sono riusciti ad eleggere dei rappresentanti.

L’importanza di queste elezioni si divide su più aspetti e in questo articolo vediamo di indicarne qualcuno, a cominciare dal fatto che è la prima volta in cui una donna viene eletta alla presidenza della Regione Sardegna. È anche della prima volta in cui il Movimento 5 Stelle esprime un presidente di Regione. Questo è stato possibile grazie al cosiddetto “campo largo”, ovvero l’alleanza tra PD e M5S, la formula era stata provata in altri contesti ma in quello sardo, per la prima volta, ha avuto successo. Dobbiamo precisare però che queste elezioni avevano molti elementi locali che rendono quest’alleanza limitatamente applicabile ad altri contesti regionali o a quello nazionale. Non possiamo infatti non considerare la debolezza del candidato di destra che, per quanto voluto dalla presidente Meloni, non era visto di buon grado soprattutto nella città di Cagliari che lui stesso amministra. I cagliaritani, infatti, sembrano aver bocciato il loro sindaco accusato di inefficienza e di aver lasciato la città in uno stato di disordine. Le critiche che vengono fatte a Truzzu sembrano far riferimento alla gestione del traffico e della pulizia, oltre al riscontro da parte dei cittadini di un aumento della criminalità.

Un fattore che ha favorito largamente il centrosinistra è stata la possibilità del voto disgiunto che ha permesso a molti elettori di votare la lista della coalizione di destra ma la candidata Presidente di centrosinistra. Questo per sottolineare quanto la scelta del candidato sia stata decisiva in questa tornata elettorale, è facile infatti pensare che se la destra avesse scelto un altro candidato probabilmente sarebbe riuscita a superare Todde, agevolata dalla spaccatura in seno alla sinistra sarda. La scelta della segretaria del Partito Democratico Schlein di rinunciare alle primarie e di appoggiare invece la candidata proposta dal Movimento 5 Stelle ha creato non pochi malumori, culminati poi con la scelta di Renato Soru di correre per la presidenza senza l’appoggio del Partito Democratico, che già lo aveva accompagnato nel governo della Regione a partire dal 2007. Sebbene Soru non abbia raggiunto la soglia di sbarramento ha comunque soffiato alla competizione tra i due principali candidati un buon 8%, lasciando solo un margine di mezzo punto percentuale tra i due, che corrisponde a meno di 3000 voti. È ragionevole pensare infatti che la candidatura di Soru abbia inciso non solo sul risultato del centrosinistra, area da cui proviene, ma anche su quello del centrodestra che ha perso voti in favore del candidato sostenuto dal Terzo Polo

Un altro elemento su cui vale la pena soffermarsi è che, sebbene il PD risulti il partito più votato nell’isola e il Movimento Cinque Stelle abbia conquistato il suo primo presidente di Regione, è in realtà la coalizione di destra quella che raccoglie più preferenze (48,8% contro il 42,6% del centrosinistra), anche questa è una conseguenza del voto disgiunto. È un altro fattore che dà la misura della realtà, soprattutto se guardiamo alla distribuzione territoriale del voto che vede le città più grandi, Sassari e Cagliari in primis, votare a sinistra mentre il centro Sardegna e il nord-est più a destra.

Detto questo, è innegabile il fatto che questa sia la prima sconfitta di una Meloni che sembrava, fino ad ora, imbattibile. Sebbene la sinistra abbia ancora da lavorare per consolidare la sua ripresa, sicuramente la Sardegna ha dato sia speranza sia un’iniezione di fiducia. Le elezioni sarde hanno mostrato che una combinazione di candidature credibili e l’unione del “campo largo” possano essere la base per costruire un’alternativa credibile alla destra di governo.