Verità e giustizia per Mario Paciolla

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di Gemma Tampalini

C'è una storia che vorrei raccontare oggi, una storia che è importante che voi sappiate. Inizia il 15 Luglio 2020 quando Mario Paciolla, ragazzo di 33 anni originario di Napoli, viene trovato morto nella casa in cui viveva a San Vincente del Caguán, un comune della Colombia a 700 km da Bogotà.

Per sapere come si è arrivati a questo punto, però, occorre fare un passo indietro, ripercorrendo la vita di questo giovane ragazzo. Mario nasce a Napoli. È un bambino vivacissimo, poi un ragazzo appassionato di sport, di basket in particolare. Ama viaggiare; la madre ricorda che al compimento dei 18 anni non volle una grande festa come i suoi coetanei: usò i soldi per un interrail. È una passione che lo accompagnerà sempre: nella scelta dell'università (scienze politiche e relazioni internazionali all'Orientale di Napoli), nella decisione di studiare le lingue: inglese, spagnolo, indiano; nel fare un Erasmus di 10 mesi a Parigi. Dopo la laurea, inizia quella che diventerà l'occupazione della vita di Mario: il lavoro a tutela dei diritti umani. La prima esperienza è con le Peace Brigades International, dove Mario si distingue tra i volontari, tanto che nel 2018 arriva l'offerta di lavoro presso l'ONU, quella che sembra l'opportunità della vita. Nel 2016, infatti, il Governo Colombiano e le FARC (Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia) hanno firmato uno storico accordo di pace, per concludere finalmente la sanguinosa lotta interna. L'ONU ha organizzato una missione per osservare la verifica del corretto svolgimento degli accordi. Tra i volontari che vi partecipano c’è Mario.

Il contesto della Colombia non è facile, le tensioni sono ancora molte. Il 29 Agosto un villaggio chiamato Aguas Claras, proprio a San Vincente del Caguán, è colpito da un attacco dell'esercito colombiano. È un'operazione mirata: l'obiettivo è Rogelio Bolivar Cordova, detto El Cucho, comandante di una delle frange delle FARC contrarie al disarmo. L'operazione non colpisce, però, solo El Cucho, ma vi perdono la vita anche 7 minorenni, ragazzi tra i 12 e i 17 anni. Pochi giorni dopo questo avvenimento arriva in parlamento: l’esecutivo è inchiodato alle sue responsabilità, l'allora ministro della giustizia Guillermo Botero è costretto alle dimissioni. La fonte di queste notizie non è mai stata dichiarata dai parlamentari dell'opposizione, ma il giornale El Spectator, in un'inchiesta successiva alla morte di Mario, rivela che la fuga di notizie relativa al bombardamento tanto scomodo per l’esercito colombiano partì proprio dal report scritto dai cooperanti ONU in loco, tra cui Mario.

Nel 2020 scoppia la pandemia da Covid - 19, che in Colombia è particolarmente tragica. In quel periodo Mario vive in lockdown, è un periodo difficile, ma continua la sua vita, legge, studia, aiuta come può. La tragedia di Mario si consuma in pochi giorni. A fine Giugno a Florencia si tiene un ritiro dei cooperanti ONU. In questo meeting qualcosa si rompe. Nei giorni successivi Mario chiama spesso i genitori: vuole tornare a casa, è preoccupato, confida di aver discusso con i membri dell'organizzazione e che è deciso a non tornare mai più in Colombia. In quei giorni Mario predispone la partenza: chiude il conto colombiano, prepara i documenti, il 14 Luglio a notte fonda compra il biglietto di rientro, partirà il 20 con volo umanitario. La mattina seguente Thompson Garzón, responsabile della sicurezza della missione ONU di Mario, si reca con un collega nell'abitazione dove viveva il giovane. Quello che trovano, però, è un cadavere.

Questo è il punto da cui siamo partiti, ora sappiamo come siamo arrivati al ritrovamento del corpo senza vita di un giovane. Ancora non sappiamo, però, perché. La verità è che il perché è il centro di tutta questa storia. I responsabili della missione ONU alla domanda "perché Mario è morto?" danno una risposta immediata: suicidio. Questo è quello che dicono ai genitori di Mario, questo quello che scrivono sui rapporti ufficiali. In realtà non sembra che ne siano convinti nemmeno loro. Thompson Garzon entra in quella che era l’abitazione di Mario e ne tiene le chiavi fino a 3 giorni dopo, anche se gli viene chiesto di lasciare il luogo. Da quella casa nei giorni seguenti spariscono materassi e arredi sporchi di sangue, ma soprattutto le agende, i quaderni, i documenti a cui lavorava Mario; sul pavimento viene passata la candeggina. I comportamenti dei responsabili della missione, però, non sono l'unica cosa curiosa: elementi ancora più disturbanti emergono dall'autopsia. O, almeno, dalla seconda autopsia, fatta in Italia: dalla prima, eseguita dai medici dell'ONU, risultava come unica possibile causa di morte il suicidio. Dai rilievi fatti in Italia, invece, emergono incongruenze con l'ipotesi di suicidio, in primis il fatto che le coltellate sui polsi di Mario sembrano inflitte post-mortem.

I famigliari di Mario, ma con loro molti altri, non hanno mai creduto al suicidio, e continuano a cercare la verità, a pretendere che venga fatta luce sulla morte di Mario. Alcune informazioni importanti sono arrivate da un report scritto su El Spectator, che indaga gli ultimi mesi di vita di Mario. L’articolo, intitolato “Mario Paciolla: il costo della caduta di un ministro?” fa luce sul fatto che Mario stava indagando sul bombardmento di Aguas Claras, che fonti interne all’ONU stesso avevano escluso dai resoconti ufficiali, e che questo gli aveva attirato non pochi nemici all’interno dell’esercito colombiano. Attualmente è in corso un'inchiesta presso la procura di Roma, la richiesta di archiviazione è stata respinta a Novembre del 2023. È stato lanciato anche un sito (leaks.marioveritas.org) per permettere segnalazioni anonime di chiunque sappia qualcosa. Perché qualcuno sa la verità, deve solo farsi avanti.

Ci sono molti tipi di storie: ci sono quelle che ci tengono compagnia nei momenti difficili, ci sono quelle che ci insegnano qualcosa, ci sono quelle che ascoltiamo una volta e non dimentichiamo più. Poi ci sono le storie come quella di Mario, storie che abbiamo il dovere di conoscere e di raccontare. La tragedia di Mario non riguarda solo i suoi genitori, non riguarda solo Napoli, riguarda tutti noi, ognuno di noi ha il dovere di parlare.